INTERFACCIA BIOLOGICA by Tommaso Tozzi
Le reti telematiche non producono "oggetti" d’arte.
Non interessa un’immagine realizzata al computer anziché su tela. Interessa
l’evento di connessione di tale immagine con qualcos’altro.
Le reti telematiche producono arte in quanto favoriscono le connessioni.
La qualitàdigitale di un’immagine non è interessante poiché la rielaborazione
matematica del dato sintetico permette la creazione di nuove forme, colori e
stili complessi, ma in quanto il risultato può stare nella casa di tutti.
I canali distributivi del dato non devono andare dal museo verso la casa
dell’utente, ma dalla casa dell’utente verso la casa degli altri utenti. Il
museo telematico è un’architettura multidimensionale composta dai contributi in
continuo scambio e evoluzione di ogni utente.
L’opera esiste nello scambio, ne prima ne dopo.
L’opera esiste in ogni strategia, evento, oggetto, che rende possibile la
comunicazione. Solo nel periodo in cui tale comunicazione si realizza.
L’interfaccia dello scambio (mezzo tecnologico, linguistico, fisico, etico,
...) è il problema verso cui rivolgere l’attenzione.
Vanno risolti e si devono garantire:
reti veloci per tutti
zone di gestione collettiva dei server
zone senza censura dei dati
gratuità per l’accesso e uso della rete senza fini di lucro
bidirezionalità del mezzo:
poter accedere a ogni informazione di tipo pubblico e la sua circolazione
(duplicazione, rielaborazione)
poter inserire ogni propria informazione privata che si voglia rendere di
pubblico dominio
la privacy dell’utenza (libertà di uso di pseudonimi e crittografia)
economicità del mezzo (hardware e software)
semplicità d’uso del mezzo
formazione all’uso del mezzo
accesso gratuito in punti pubblici e assistiti
molteplicità d’usi e forme dell’interfaccia e la sua applicabilità a ogni
modello culturale e sociale
La ricerca deve svilupparsi verso:
Artificial life, bio-computer, nanotecnologie, modelli non lineari, fuzzy
logic, automi cellulari, algoritmi genetici, knowbot, connessionismo e ogni
forma di interfaccia che proponga un modello "biologico" della macchina in grado
di intraprendere un "dialogo" con l’utente, capirne i bisogni, autoadattarsi in
relazione alle necessità e all’uso che ogni utente fa dell’interfaccia, proporre
contemporaneamente risposte "standard", "statistiche" e "personalizzate".
L’interfaccia deve essere come un figlio per l’utente, che come padre deve
poter essere in grado di educarla, comunicarvi, rispettarla e esserne
rispettato. Nessun cordone ombellicale deve far dipendere l’una dall’altro in
modo ineludibile, bensì il dialogo deve fondarsi sul rispetto
reciproco.
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