Tradurre
passioni e
interessi in
conoscenze, tradurre le conoscenze in
professione e
reddito: questo è stato il combustibile che ha
alimentato il motore della rivoluzione tecnologica e culturale degli
ultimi decenni, dal PC a Internet. Una paradossale miscela di singoli e
comunità, voglia di libertà individuale e desiderio di comunità,
creatività personale e sapere condiviso.
A gonfiare le vele
dell’innovazione il sogno di cambiare faccia al mercato: da lotta
darwiniana per la sopravvivenza del più “adatto” a gara ad essere fra i
primi o fra i più bravi ad alimentare uno sviluppo capace di regalare una
vita migliore a tutti, non solo ai più abili, aggressivi o fortunati.
Economia di rete, ovvero: tutti competono, tutti cooperano,
tutti vincono. Un sogno spento dal crollo delle borse iniziato due anni
fa, un sogno tradito non dall’eccesso di utopia, ma da un sogno di ben
altra natura: il sogno di fare dell’utopia la pista di decollo d’una
speculazione finanziaria e d’un turbocapitalismo senza regole.
Oggi
ci dicono che l’economia è tornata coi piedi per terra. I monopoli high
tech, liberati dall’incubo della pressione competitiva del variegato
arcipelago di start up, professionisti e lavoratori della conoscenza che
per un decennio sono stati i veri protagonisti dell’innovazione
tecnologica e culturale, e di una inedita globalizzazione dal basso,
tentano di risalire sul ponte di comando. Oggi ci dicono che siamo in
guerra, e che in questa guerra non c’è differenza fra i terroristi
che operano nel mondo reale e i cyberterroristi che infestano la Rete. Ma
dietro lo spettro del cyberterrorismo si nasconde il vero nemico, e il
vero nemico siamo noi: i milioni di utenti e consumatori che si
ostinano a scambiare conoscenze e informazioni gratuite, che non accettano
le continue violazioni della propria privacy, che preferiscono usare la
Rete per comunicare, socializzare e divertirsi che per comprare, sono i
lavoratori, i professionisti e gli sviluppatori che preferiscono il
software free e open source al software proprietario, sono
gli smanettoni che non intendono accettare passivamente una rottamazione
dell’intelligenza collettiva fatta di licenziamenti contro alcuni, e di
supersfruttamento e tagli di reddito contro tutti gli altri.
Ma
davvero non si può fare nulla per far rivivere il sogno? Negli ultimi mesi
sono nate iniziative, che non si limitano a rivendicare per i
lavoratori della Net Economy gli stessi diritti che i lavoratori della
Vecchia Economia hanno conquistato con decenni di lotte, ma ne accampano
di nuovi: dal diritto alla formazione al diritto a un lavoro ricco di
contenuto. Questo web log nasce per offrire a simili iniziative un
ulteriore contributo di analisi, conoscenze,
informazioni e servizi. Ma ha anche un’altra ambizione:
siamo convinti che ampi strati di professionisti, manager, imprenditori
piccole e medie imprese e start up non siano disposti a farsi
espropriare il loro patrimonio di idee, creatività, conoscenze, progetti
dai colossi della vecchia e nuova economia e dai loro rappresentanti
politici. Una convinzione che ci sembra trovi conforto in esperienze che
attraversano sia il mondo del lavoro che quello imprenditoriale, e
che ci induce a scommettere sulla necessità-possibilità di dare voce a un
blocco sociale, ampio e trasversale, che veda schierati fianco a fianco
lavoratori, professionisti e imprese, per rilanciare il sogno di
un’economia in cui competizione e solidarietà non si escludano a
vicenda.
Scegliere un nome come Quinto stato suggerisce
inevitabilmente una qualche intenzione di continuità con la grande
tradizione progressista delle rivoluzioni borghesi e del movimento
operaio. E’ il caso di chiarire che tale scelta è, al tempo stesso,
seria e autoironica, nel senso che di quella tradizione non
intendiamo salvare i principi astratti ma recuperare piuttosto
l’originario ideale di una libertà economica fondata (non presupposta!)
sulla libertà politica, in totale controtendenza nei confronti di
quell’ideologia neoliberista che, mentre esalta il libero mercato, uccide
innovazione e competizione armando i monopoli con leggi antidemocratiche
sulla proprietà intellettuale e sulla privacy. Il web log è aperto:
aspettiamo il vostro contributo!