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REALITY HACKERS
Siamo hacker, entra nel nostro mondo. Un mondo che è iniziato a scuola, quando eravamo i bambini più curiosi, quelli che chiedono sempre perché, e non si accontentato delle risposte. Quelli che fanno i conti a mente, quelli che mandano in confusione gli insegnanti che pretendono la lezione a memoria. Quelli che quando prendono in mano un’enciclopedia per guardare una voce, rischiano di passarci l’intero pomeriggio. Quelli che quando qualche cosa si rompe, ritengono che si tratti di un’occasione preziosa per vedere come era fatta dentro.
Nel nostro mondo non è necessario avere la pelle di un colore ben definito, far finta di appartenere a un sesso piuttosto che a un altro, identificarsi nei confini di una Nazione. Non pensiamo sia importante sapere che stai parlando con Maria, Guido, Paola o Luca, perché sappiamo che le persone sanno dare ben di più che le loro facce e i loro nomi.
Noi viviamo nelle comunità virtuali, dove le piazze si trovano ovunque. Siamo però anche reality hachers: non abbiamo dimenticato come si scende nelle strade e, quando è necessario farlo, sappiamo incontrarci in assemblee metropolitane per organizzare con altri azioni reali.
Siamo quelli che rifiutano l’autorità e il terrorismo in tutte le sue forme, sia di stato o di organizzazione. Sappiamo che la condivisione dei saperi ha un potere di sovvertimento più forte di ogni forma di violenza e lo abbiamo già sperimentato più volte. Per questo combattiamo ogni tipo di monopolio, in particolare quelli che cercano di mettere le mani sull’ultima merce disponibile per i mercanti del nulla: l’informazione, lo scambio, la conoscenza, la possibilità di dare corpo alle proprie idee e di farle conoscere a tutti.
Noi riteniamo sia giusto rompere ogni barriera, soprattutto quelle che impediscono di vedere il reale contenuto delle cose. Siamo cavalli sfrenati al galoppo, che sanno superare ogni ostacolo e sappiamo che non è giusto fermarsi e accettare quello che altri hanno allestito per noi. Il cibo precotto non ci piace. Ci piace invece riprendere il filo che è stato dimenticato, lo stesso che ha portato le comunità umane ad adattarsi, a scavare nuove nicchie, a creare una infinita gamma di società diverse eppure perfettamente adatte al luogo in cui abitavano.
Ci chiamano pirati, perché sappiamo navigare onde invisibili. Ma gli hacker, noi lo sappiamo, sono sempre esistiti, e non dipendono dalla tecnologia. Sono gli affamati di conoscenza, quelli che non si affidano ad altri al primo banale problema, quelli che preferiscono non imparare il minimo indispensabile, perché non riconoscono limiti all’apprendimento.
I nostri crimini principali sono la curiosità, l’incapacità di dire basta, la necessità di conoscere come stanno le cose, il bisogno di raccontarle agli altri. Se andiamo a vedere uno spettacolo, vogliamo farne parte, e alla fine saliamo sul palco per vedere chi ha mosso le marionette.
Il mondo reale funziona in un modo diverso. Lo sappiamo. Ma per noi è impossibile accettare compromessi con chi ha come unico scopo quello di annullare le nostre menti, reprimere la nostra creatività, condizionare il nostro tempo libero e i nostri gusti, caricarci di borse della spesa. A tutto questo noi diciamo no.
A tutto questo noi rispondiamo scegliendo di non pensare alle nostre vite come un percorso irreversibile, che prevede che una persona diventi sempre più autorevole dalla nascita alla vecchiaia, facendogli credere di essere importante solo perché ha raggiunto una certa età. Rispondiamo evitando le sicurezze, che portano a infilarsi nelle tane. Ma soprattutto rispondiamo rifiutando la specializzazione e i ruoli ben definiti, che possono diventare pericolose etichette, perché pensiamo che i programmi prestabiliti non esistano. Nessuno di noi ne fa parte. E noi faremo di tutto per far si che nessuno possa cadere in questa trappola.

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