LA NORMATIVITA' COMPORTAMENTALE Etica, Morale, Diritto by Paolo Gherri
Un discorso sulla normatività comportamentale non può prescindere
da alcune premesse di carattere metodologico sui rapporti tra le diverse scienze
e le loro specificità; per chiarezza di presentazione, almeno circa l’oggetto
specifico di questa trattazione di natura (filosofica) giuridica, accogliamo la
schematizzazione fornita da T. Jimenez Urresti nel suo De la teología a la
canonística . Per il grande Canonista spagnolo le scienze sostanzialmente
si dividono, in ragione dell’oggetto della loro conoscenza, in tre grandi
categorie : filosofia (le cose che sono), tecnologia (le cose che si fanno),
deontologia (gli atti di condotta) ; tralasciando qui le specifiche delle
prime due categorie, non pertinenti, occorre suddividere nuovamente la
deontologia (il "dover essere") in due sottocategorie: le scienze delle cose
‘osservate’ (scienze storiche e sociologiche) e le scienze delle cose ‘da
osservarsi’ (norme che regolano la condotta umana). Ad ogni tipologia
scientifica corrisponde una propria ‘logica’, un proprio ‘metodo’ , un proprio
‘oggetto formale’; così la logica della filosofia é ‘enunciativa’, immediata
(ratio cognoscibilium, ratio cognoscendi), quella della tecnologia é
‘fattiva’ (ratio factibilium, ratio faciendi), mentre quella della
deontologia é ‘storica’ per il passato (ratio actorum) e decisionale per
il futuro (ratio agibilium, ratio agendi) ; la logica deontica applicata
al futuro può essere chiamata anche ‘logica normativa’ e si esplica in tre
scienze differenti: Etica, Morale, Diritto ; la distinzione tra le tre
discipline comportamentali é necessaria per individuare la vera ‘natura’ e
portata del Diritto… una corretta inquadratura delle prime due faciliterà
l’individuazione della terza che se ne distacca in modo
sostanziale.
a) Etica e Morale Illustrare in modo immediato e
chiaro (come vorrebbe T. Jimenez Urresti) queste due discipline comportamentali
normative non risulta semplice ai nostri giorni; in effetti oggi difficilmente
le due discipline vengono trattate disgiuntamente… Si tratta piuttosto di due
prospettive complementari da cui accostare lo stesso tema del ‘dover
essere-agire’ umano nei suoi presupposti fondazionali (l’Etica) —altrimenti
chiamato ‘momento metaetico’— e contenutistici (la Morale) —o ‘momento
assiologico-normativo’—. La riflessione più analitica in proposito attribuisce
all’Etica la competenza sui presupposti del ‘dover essere-agire’ da parte
dell’uomo e sulle condizioni strutturali del suo ‘poter essere-agire’; allo
stesso tempo la Morale indaga non tanto la ‘praticità’ della condotta umana (le
‘norme’ e la loro attuazione concreta) quanto i suoi contenuti valoriali, in tal
modo all’interno di un’antropologia cristiana alla base della Morale sta la
Rivelazione divina contenuta nella S. Scrittura e la Morale diventa ‘Teologia
morale’ riassumendo in sé entrambi gli aspetti . Un approccio analitico
tuttavia che voglia mantenere distinte le due scienze trova la propria
legittimità nelle stesse origini della riflessione etica e morale. o
"Etos" con la "e" breve, l’epsilon, designava infatti la “sede
abituale, quindi il luogo dove uno abita e che gli é di conseguenza abituale.
Questo spiega l’uso astratto del vocabolo éthos nel senso di abitudine,
consuetudine, usanza e infine costume” . Dunque il termine éthos
significa “il complesso dei modelli di comportamento che, non scritti né
precisamente formulati dalla tradizione, pure sono in qualche modo da tutti
riconosciuti ed apprezzati, e diventano in tal senso i referenti obbligati per
ogni apprezzamento che si produca nella vita comune dei comportamenti propri ed
altrui” . "Htos" scritto con la "e" lunga, l’eta, aveva il
significato di ciò che é conforme all’essere dell’uomo, alla sua struttura
ontologica, alla sua essenza. L’éthos (con l’epsilon) esprime un
patrimonio normativo tramandato che, di fatto, condiziona l’orientamento ed il
comportamento dell’uomo; dall’altro lato, l’êthos (con la eta) esprime
qualcosa di incondizionato, ovvero un’esigenza che domanda al singolo soggetto
agente di agire in conformità al proprio essere. Storicamente quindi, il
termine "ethos" prima di essere assunto anche quale espressione della
dimensione profonda dell’essere e dell’agire dell’uomo (êthos) é stato
preceduto da una fase che lo vedeva legato esclusivamente alle abitudini ed alle
consuetudini di un popolo. o In ambito latino non si é recepita l’evoluzione
contenutistica del termine e lo si é tradotto semplicemente col vocabolo
mos-mores, dando risalto al significato di costume di un determinato
popolo. La traduzione si é così ripercossa negativamente in ambito morale: la
dimensione ontologica (indicativo) é stata progressivamente lasciata cadere a
spese della dimensione normativa (codici di norme morali e giuridiche). Posta
questa premessa terminologica, senza pretese di categoricità, ed a titolo poco
più che esemplificativo, indichiamo alcuni elementi essenziali per individuare
queste due scienze e così ‘distinguerle’ opportunamente dalla terza, il Diritto
.
1) L’Etica (da ethos = comportamento, il comportarsi) ha per
oggetto l’attività umana considerata in se stessa e nel suo valore intrinseco:
come agere e non come facere; é la ricerca del criterio, o dei
criteri per valutare le azioni umane . L’Etica studia l’attività umana con
riferimento al suo fine ultimo, che é la piena realizzazione dell’umanità; il
problema etico assume così due aspetti principali: a) il fondamento delle norme,
b) le condizioni che ne rendono possibile l’osservanza. Sul primo versante si
indaga circa il fondamento ed il valore dei codici, dei principi, delle leggi,
delle norme e delle persuasioni morali esistenti… é il problema critico;
dall’altra parte si studiano le condizioni che rendono possibile l’azione morale
in assoluto: il criterio di ciò che é morale o immorale nell’uomo, il fine
ultimo della vita, i mezzi più adatti per conseguirlo… é il problema teoretico.
Il primo versante si presenta di fatto come preambolo necessario al secondo
ponendo sistematicamente in questione la Morale corrente onde ‘purificarne’
metodologicamente i presupposti ; quasi un’attività di ‘secondo grado’ rispetto
alla Morale . L’Etica é filosofia della ‘posizione etica’ dell’uomo in
rapporto al tutto e all’Assoluto; é conoscenza dell’uomo in quanto si pone nel
tutto ed in rapporto all’Assoluto; é determinazione dell’agire dell’esistenza in
dipendenza dalla sua essenza .
2) Per Morale (da mos-mores = i
‘costumi’, i comportamenti necessari all’interno del gruppo ) la concezione
filosofica tradizionale intendeva ciò che é conforme al “costume” approvato
dalla prassi generale e come tale é riconosciuto conforme al “dover essere” .
Oggi questa concezione ‘sociologica’ (quasi a-personale) non appare più così
condivisa ma, ciò nonostante, non si nega il legame (necessario) della Morale
con la società tanto che si afferma ancora: "il “luogo” della morale é il
rapporto tra individuo e società" ; di fatto la necessaria preminenza da
riconoscere all’individuo ed alle sue motivazioni non riesce ad eludere il
‘momento sociale’ dell’agire umano: l’uomo non vive da solo e non agisce da solo
e per sé soltanto… é comunque ‘in relazione’. Sotto questo profilo la Morale,
ben al di là di un’osservanza esteriore della vita sociale e dei suoi costumi,
condensa in sé il complesso delle disposizioni spirituali ed emotive della
persona umana; é la scienza delle disposizioni interne e personali dell’uomo in
rapporto con le loro espressioni esterne e sociali . E’ ancora ‘compito’ della
Morale individuare e mediare i valori attraverso specifiche norme (morali) che i
diversi soggetti possano mettere in atto all’interno del gruppo d’appartenenza
ricevendone la dovuta approvazione sociale.
[ Top ]
b) Il Diritto:
individuazione Quanto fin qui esposto ha già permesso di differenziare il
Diritto dall’Etica e dalla Morale ma senza ‘identificarlo’ specificatamente;
occorre ora cogliere con precisione cosa debba intendersi per Diritto. Per
individuare il Diritto non basta il riferimento alla normatività sociale (con
relativa ‘sanzione’)… occorre evidenziare un ‘elemento’ ulteriore di grande
portata nella concretezza dei rapporti umani: il “rapporto di giustizia”
. Questo "rapporto di giustizia" costituisce un elemento primario
nell’esperienza relazionale umana, un elemento così basilare per la persona
stessa da ‘filtrare’ ogni relazione, anche quella con la divinità, che viene
specificamente individuata come primo referente e garante della giustizia
. Il ‘rapporto di giustizia’ appare a tutti gli effetti un elemento
relazionale fondamentale capace di innervare dall’interno i rapporti sociali
trasformando un (semplice) ordinamento sociale già istituzionalizzato in un
ordinamento giuridico. Non é qui in oggetto la Giustizia come tale ma
l’effettiva possibilità di farne esperienza nelle relazioni sociali; la
Giustizia non é ‘interna’ all’Ordinamento giuridico… ma i ‘rapporti di
giustizia’ lo devono essere. Di fatto é alla Giustizia come ‘concetto
primordiale’ o ‘meta-concetto’ (quasi ancestrale) che fa riferimento in ogni
modo l’ambito del Diritto, ritrovando in essa tutte le proprie radici, anche
terminologiche. Dalla radice ‘aria’ rj derivano, infatti, recht,
rigth, resht, recto… Aggiungendo il prefisso ‘di/e’ si ottengono le parole
derecho, diritto, droit, direito… Per inversione fonetica, cosa frequente
nell’evoluzione delle radici verbali, si ottiene la nuova radice jr dalla
quale deriva jure ed i conseguenti jus, justum, justitia, justicia,
juridico, giustizia… Il ‘rapporto di giustizia’ aggiunge alla semplice
‘relazione sociale’ (tipica dei livelli più ‘bassi’ di evoluzione della
relazionalità umana, garantita sufficientemente dalla coscienza sociale del
gruppo, la Morale) alcune caratteristiche necessarie quando si giunga a livelli
più complessi di societarietà quali l’istituzionalizzazione . L’affermarsi
del ‘rapporto di giustizia’ all’interno di un ordinamento sociale
istituzionalizzato introduce alcune ‘note’ peculiari quali: l’oggettività
esteriore, la separabilità, la coercibilità. - L’oggettività esteriore
evidenzia la portata della relazione sociale: non importano le disposizioni
interiori dei singoli quanto piuttosto ciò che si può vedere e sperimentare
concretamente nel rapporto sociale … anche con un altro soggetto che può essere
‘sconosciuto’ (é questa la radice del c.d. ‘foro esterno’); - anche la
separabilità enfatizza il valore sociale della relazione, al punto che
(pur avendo la giustizia come riferimento ultimo le intenzioni, i sentimenti, e
gli stessi ‘doveri’ di natura morale) in ambito sociale ciò non ricade sotto
l’operatività concreta della giustizia; questa infatti guarda all’oggettività
della relazione sociale separandola dalla disposizione soggettiva del suo
autore; - dalle precedenti note caratteristiche consegue la nota della
coercibilità: il soggetto che rifiuta di porre od omettere un’azione
sociale ‘necessaria’ può essere forzato affinché si ottenga tale azione di
rilevanza sociale; quando ciò avviene ricorrendo all’uso della forza,
effettivo o previsto, si é di fronte al Diritto.
In sintesi: finché la
giustizia non si rende ‘effettiva’ nella società attraverso la possibilità
d’impiego della forza (coattiva) si é semplicemente davanti alla ‘morale pura’;
quando il ‘dover essere’ nei confronti della società può essere coazionato in
riferimento a precisi soggetti si entra nel mondo del Diritto .
c)
Terminologia Rigore vuole che in questa sede si esplicitino alcune
categorie di significato che saranno oggetto normale di lavoro per il
giurista. 1) Diritto = regolamentazione comportamentale
normativa-coattiva del sociale, informata a giustizia; 2) giuridico =
di/secondo diritto; é l’aggettivo corrispondente al sostantivo “Diritto”; la
locuzione “il giuridico” coincide di fatto col significato del termine
Diritto; 3) regola = rapporto stabile di corrispondenza di significati
ed atteggiamenti all’interno di un particolare ambito operativo; la normatività
non le é essenziale mentre lo é la sanzione; 4) norma = regola
comportamentale destinata ai soggetti parte dello stesso ambito vitale; 5)
legge = tipologia giuridica specifica attraverso cui il legislatore
impone un precetto di portata generale ed astratta ad una globalità di
soggetti; 6) sanzione = ‘reazione’ del sistema regolamentato alla
falsificazione della corrispondenza dei significati entro l’ambito operativo di
riferimento; 7) precetto = obbligo comportamentale imposto
coattivamente a qualcuno perché ometta/faccia una o più azioni socialmente
‘necessarie’.
[ Top ]
|