LO STRANO CASO DI SERPICA NARO di Maria "DaMe`" Molinari
Essere
fluidi come l'acqua, ma all'occasione colpire
duro come la tibia di un pugile Thai
(Luther Blissett)
Precario
è santo e hacktivista. Non ci sono dubbi.
Si è “infiltrato” silenziosamente
nei meccanismi del fashion system milanese, materializzandosi
miracolosamente presso il Cavalcavia Bussa, durante
la serata conclusiva della settimana della moda
(19/02 al 27/02). Tutti si attendevano Serpica
Naro, una stilista anglonipponica con la passione
dell’underground. Ma qualcuno ha annunciato:
Serpica Naro non esiste. E’ solo l’anagramma
di San Precario. Una beffa nella quale sono caduti
giornalisti e specialisti del settore, servizio
d’ordine e digos, blog e mailinglist - Luther
Blissett ha fatto scuola. Un falso così
ben concepito da risultare assolutamente credibile
– non si assisteva a niente del genere dal
Nike Ground Project è degli 0100101110101101.org.
Un vero e proprio hack, con cui il santo ribelle/stilista
NonConform ha voluto dichiarare aperta la stagione
della cospirazione precaria.
La singolare biografia di Serpica Naro, le riviste
e i siti che parlano di lei e del suo stile,
il suo look book, i buyer, l’ufficio stampa,
lo show room, l’ufficio di corrispondenza
a Tokyo. Tutto architettato per accedere al circuito
ufficiale “Milano Moda Donna”. Così
ben realizzato da sedurre e affascinare persino
la Camera della Moda che ha infatti concesso,
senza esitare, tutti i permessi necessari. E questo
è stato solo l’inizio. Affinché
non vi fosse il benché minimo sospetto
riguardo alla vera identità della stilista
e i media si accorgessero proprio di lei tra la
marea (100 da tutto il mondo) di altri brand,
si è fatto in modo che San Precario e gay
le fossero contro. Questa "contrapposizione
contestativa" così è definita
nella cartella stampa messa a disposizione in
rete - l’avrebbe resa certamente unica,
inconfondibile, e degna di attenzione. A due notizie
l’onore di scatenare la mobilitazione dei
precari (ovviamente fittizia) e le proteste e
i comunicati polemici dei gay (assolutamente reali).
Una, vera ma provocatoria: Serpica Naro avrebbe
sfilato all’interno di un centro sociale
- che già di per sé è un
fatto eccezionale. L’altra, falsa ma scabrosa:
nel 2001 la stilista si sarebbe finta attivista
gay solo per usare le immagini di alcuni membri
della comunità omosessuale giapponese a
fini pubblicitari.
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Alla
sfilata, come ampiamente previsto, c’erano
tanti curiosi, giornalisti e telecamere. Non c’era
la tanto attesa stilista ma i suoi capi in perfetto
stile Serpica Naro hanno sfilato lo stesso al
grido di “we are not low class, we are not
high class, we are the new class”. Sulle
passerelle della Pergola, 8 modelli "che
rappresentano con sarcasmo alcuni aspetti della
precarietà". Abiti che nascondono
la maternità per non essere licenziate,
gonne anti-mano morta piene di trappole per topi,
minigonne sexy per fare carriera più in
fretta, abiti da sposa per donne senza cittadinanza
italiana, perché l’unico modo per
averla è sposare un italiano; tute da lavoro
che nascondono il pigiama, per essere sempre pronti
a lavorare notte e giorno, abiti double face per
chi fa due lavori e quelli antistress per quando
sei sfinito dalla fatica, le magliette con il
numero di giorni che mancano al licenziamento.
Per finire le ”vere produzioni di chi lavora
come precario del textil design ma schifa i circuiti
ufficiali della moda": i modelli autoprodotti
della linea londinese Sailor Mars, la “Industrial
Couture” milanese, la collezione spagnola
di Yo Mango. Veramente spettacolare…
" San precario non è una icona ma
una relazione", ha dichiarato una precaria
della moda e dello spettacolo. Che anche il suo
avatar lo fosse è risultato chiaro già
alla sfilata. Ma quello era solo un assaggio.
Come nelle intenzioni di chi ha ideato tutto questo,
all’inizio solo per gioco, Serpica Naro
diventerà un brand aperto a nuove forme
di cooperazione - il logo già esiste ed
anche il marchio è stato registrato -,
un l(u)ogo di reti di autoproduzioni tessili,
di condivisione dei saperi, di creatività
e immaginario di contrapposizione alla moda. I
materiali saranno tutti raccolti nel laboratorio/sito
ufficiale della finta stilista, a condizione di
essere “open source”, come il software
Linux, cioè copiabile e riproducibile.
Tutti quelli che si riconosceranno in questo metabrand,
potranno firmarsi Serpica Naro, proprio come accadeva
con l’identità collettiva di Luther
Blissett.
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Pura arte marziale:
usare la forza (e l'imbecillità) del nemico
rivolgendogliela contro
(Luther Blissett)
L’ultimo miracolo di San
Precario ha proprio tutto quel che serve per essere
considerato un hack, uno di quelli che non necessitano
di particolari conoscenze tecniche informatiche,
perché come facevano notare tempo fa gli
0100101110101101.org, l’epoca dell’hardware
e del software è finita da un bel pezzo.
Nell’epoca dell’infoware vi sono altri
modi efficaci ma soprattutto “non convenzionali”
per trasmettere le proprie idee. To hack, inteso
nel suo significato di “aprire” e
“dissezionare”, in effetti, è
proprio questo: una soluzione “non convenzionale”.
Come spiegava Florian Cramer in una vecchia intervista,
qualcosa di molto simile a "un trucco, veloce
e sporco, ma che funziona perfettamente"
(se non hai un telecomando puoi usare un manico
di scopa), oppure al "lavoro di un genio"
(ottenere con 10 linee di codice ciò che
un altro ottiene con 100). Serpica Naro è
entrambe le cose. Ed è soprattutto “geniale”
perché dimostra che chi è pagato
5 euro l’ora può fare concorrenza
a chi guadagna cifre gigantesche; può realizzare
con poche migliaia di euro e in poco più
di tre settimane, ciò che i grandi marchi
realizzano in molto più tempo e spendendo
milioni di euro; che "quello che lo sfiancato
fashion system impiega mesi a prendere dalla strada,
la strada lo produce ridendo e scherzando in poche
ore" (S. Messina).
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Per quanto un sistema sia inattaccabile, ha un
tallone d'Achille. Per mettere in crisi un sistema,
si possono ritorcere contro di esso i suoi stessi
procedimenti. Questi sono i presupposti per realizzare
un buon hack. Ed infatti è sfruttando questi
talloni, e Internet come cavallo di Troia, che
Luther Blissett s’introduce nelle architetture
mediatiche così come 0100101110101101.org
in quelle del sistema dell’arte ufficiale:
per sovvertirle dall’interno con le loro
stesse armi. San Precario ha fatto lo stesso.
Ha sfruttato “debolezze, peculiarità
e caratteristiche nascoste” del sistema
moda per scavalcarne e aggirarne i limiti imposti.
"Ha giocato la beffa sul terreno preferito
dal mondo modaiolo, la comunicazione, la provocazione,
e il rovesciamento dell’immaginario con
cui i grandi marchi si appropriano di linguaggi
e culture dell’underground" (C. Jampaglia).
Ha costruito informazioni, le ha diffuse in maniera
virale sia in piazza che in rete. Ha utilizzato
il meccanismo perverso dei media per attirare
l’attenzione su una stilista inesistente
e così facendo ha dimostrato di conoscere
molto bene anche l’arte della guerriglia
mediatica che, come sosteneva Luther Blissett,
" è la realizzazione di un gioco all'inganno
reciproco, una forma di cooptazione dei media
in una trama impossibile da cogliere e da comprendere,
una trama che fa cadere i mass media vittime della
loro stessa prassi".
Il detournament e il falso,
l’improbabile e l’assurdo e persino
la beffa. Queste sono le tattiche comunicative
“non convenzionali” più utilizzate
da 0100101110101101.org e Guerriglia Marketing
per ottenere il massimo della visibilità
con il minimo degli sforzi e degli investimenti.
Di queste stesse tecniche si è servito
anche San Precario a Milano e più o meno
per gli stessi scopi, prima tra tutti ottenere
la visibilità di tutti "quegli invisibili
che popolano il mondo della moda e che lo rendono
possibile con il loro lavoro, la loro creatività
e le loro competenze" (A. M. Monteverdi).
Grazie ad un falso è riuscito a superare
tutti gli ostacoli di questo grande “Castello”
che è la Settimana della Moda, "le
sue torri d'osservazione, le sue guardie ad ogni
porta". Ha svelato beffandolo che il suo
prestigio è vapore e, come se non bastasse,
ne ha alterato (de-formato) il senso, attribuendogliene
un altro; l’ha adattato, anche se solo per
breve tempo, attraverso uno sviamento, un sabotaggio,
un dirottamento (e il detournament non è
altro che questo) a nuove intenzioni.
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San Precario ha infatti trasformato
la Settimana della Moda, da avamposto ideologico,
struttura formale, rete logistica "attraverso
la quale si propaganda e si favorisce un'organizzazione
sociale fondata sul consumo futile e reiterato,
su immaginari funzionali a valori come la competizione,
l'atomizzazione dell'individuo, il superfluo e
su un controllo diffuso legato a meccanismi neo
medioevali", in un luogo temporaneo di condivisione,
cooperazione e relazione. Ha messo in scena una
economia che funziona secondo logiche diverse,
un meccanismo diverso di produzione controllato
dal basso. Ha reso quelle passerelle uno spazio
di protesta creativa e propositiva: non ha solo
criticato il modello dell'economia del marchio,
"in nome del quale si giustificano gerarchie
e strutture di potere immorali, oltre che insensate"
(A.M. Monteverdi), ma ha anche proposto come alternativa
il metabrand Serpica Naro. Efficace e anche vincente,
perché come sosteneva Luther Blissett "il
Multiplo ha un infinità di corpi, molti
dei quali resteranno in vita nonostante la morte
di alcuni altri".
www.serpicanaro.com
www.settimanadellamoda.it
www.lutherblissett.net/archive/478_it.html
www.serpicanaro.com/press/operazioness_web.zip
italy.indymedia.org/print.php?id=739415&comments=yes
www.0100101110101101.org/texts/telepolis_copy2-it.html
www.d-i-n-a.net/2002/txt/florian_interview_p.html
www.radiogladio.it/fosforo/feb05.htm
www.liberazione.it/giornale/050227/LB12D6C1.asp
www.cut-up.net/cms/index.php?option=articles&task=viewarticle&artid=386&Itemid=3