NOMI MULTIPLI E NEOISMO: CHE C'ENTRA LUTHER BLISSETT? by Roberto Bui
Dal catalogo "Sentieri Interrotti: crisi della rappresentazione e
iconoclastia nelle arti", Bassano del Grappa, 17 giugno - 20 agosto 2000
NOMI MULTIPLI E NEOISMO
Sezione a cura di Roberto Bui e Piermario
Ciani
"Cos'è, esattamente, un'inverosimiglianza che non viene
avvertita? È un'inverosimiglianza agli occhi di chi?"
Harry Kipper, È l'arte dell'anfibologia (un manifesto neoista),
1990
Che c'entra Luther Blissett?
L'inclusione di Luther Blissett in una mostra dedicata alle avanguardie
estetiche dal secondo dopoguerra a oggi, e più in generale all'"iconoclastia
nelle arti" nel XX° secolo, pone non pochi problemi a chi abbia seguito il
percorso di questo pseudonimo collettivo multi-uso. "Luther Blissett" non ha
a che fare con l'arte più di quanto vi abbiano a che fare il Partito Comunista
Cinese o la Federazione Italiana Gioco del Calcio. Certo, "Luther Blissett" ha
attraversato la critica pratica dell'arte come ha attraversato quella della
politica, dello sport, della religione etc. Da parte di "Blissett" vi sono stati
attestati di solidarietà a "vandali" come Piero Cannata o "ladri" d'arte come
0100101110101101.ORG, oltre ad alcuni atti di furto o vandalismi rivendicati "in
prima persona" (se tale espressione può conservare un qualche senso parlando di
uno spettro generato e mosso dall'immaginario collettivo!), come la
decapitazione di una statua di Henry Moore a Bologna (1996) e il sabotaggio dei
computer del padiglione austriaco alla Biennale di Venezia 1997... Ma, lungi
dal considerarsi eredi di un percorso estetico-politico iniziato coi surrealisti
rivoluzionari e coi lettristi, gli animatori di questo Progetto hanno scelto di
adottare un'espressione popolare, che privilegiasse l'affabulazione (la
narrazione e/o creazione di storie con tanto di capo e coda) anche quando questa
andava a scapito della "sperimentazione" a ogni costo. In tal senso vanno lette
le celebri "beffe mediatiche" rivendicate da Blissett in diversi paesi d'Europa:
novelle, short stories mosse sul palcoscenico del mondo. Non è per nulla casuale
il doppio approdo, da un lato, al più classico romanzo di genere (Q, romanzo di
spionaggio che si svolge in un XVI° secolo hard boiled) e dall'altro lato a
forme di (apparentemente canonica) indagine sociale e politica (la
controinformazione sull'emergenza-pedofilia, le analisi sulla legislazione
d'emergenza etc.), a cui certi settori della magistratura italiana hanno
risposto a colpi di inchieste e querele. L'intera esperienza di Blissett si
configura come continuo échappement, movimento di fuga da qualunque
inappropriato paragone novecentesco, "alto" o "basso" che fosse (i
Situazionisti, la stessa mail art, il cyberpunk, il neoismo etc.), con alcune
provocatorie eccezioni (l'Autonomia Operaia, ad esempio). Blissett si è
spinto fino a scegliersi i precedenti "storici" in antiche mitologie (sia
indo-europee sia estremo-orientali) o in pre-moderne rivolte e insurrezioni
contadine: l'epopea dei multiple names che porta a "Luther Blissett" include
"armen Konrad" (XVI° secolo), Capitan Swing (XVIII° secolo) e il generale Ludd
(XIX° secolo). I cosiddetti nomi multipli (appellativi individuali adottabili da
più persone) risalgono fino a "Buddha", si tratta dunque di una pratica
antichissima, che non nasce certo con le avanguardie. Questa non compromissione
col Novecento le ha permesso di rifiorire alla fine del millennio, cavalcando la
rivoluzione telematica, già ben oltre l'età dell'acciaio, il fordismo e
Hiroshima, le due guerre mondiali etc. Nel "Luther Blissett Project" non vi è
processo artistico, se non quello evocato dall'espressione "arti marziali": arte
della guerra di guerriglia contro quella che in tempi remoti veniva chiamata
"l'industria culturale" e che adesso coincide con l'intera semiosfera. A rigore,
non vi sono vere e proprie "opere" da esporre, l'opera è l'azione stessa,
l'imboscata, l'arrembaggio, il corpo-a-corpo con pugni, gomitate, ginocchiate,
leve articolari... L'inclusione arbitraria di Luther Blissett in questa mostra è
in realtà l'ennesima infiltrazione, l'auto-inoculazione di questo corpo
estraneo, overnight sensation che scompiglia e scompagina. Alla pubblicazione di
questo pre-catalogo, sarà probabilmente già on line un cospicuo archivio del
LBP, all'indirizzo <http://www.LutherBlissett.net/>.
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Mad science: il neoismo
L'inclusione del cosiddetto "neoismo" è meno problematica, ma certo non
agevole. La miglior definizione del neoismo è: un prefisso (neo-) e un suffisso
(-ismo) con assolutamente niente in mezzo. L'aforisma prediletto dai neoisti è
"Il miglior prodotto del neoismo è l'anti-neoismo". In realtà "neoismo" è un
nome multiplo, liberamente adattabile a qualunque azione o fenomeno scelga di
definirsi "neoista". Nata alla fine degli anni Settanta tra USA e Canada per
iniziativa di semi-leggendari personaggi come David "Oz" Zack e "Blaster" Al
Ackerman, in origine l'espressione definiva una vaga commistione di Dada,
Fluxus, futurismo, mail art, musica elettronica e videomaking, con un'evidente
fascinazione per la matematica, la psichiatria e l'immaginario fantascientifico
anni '50'60. Un altro filone tende a interpretare il primo neoismo come mad
science, "scienza folle" del comportamento, fall-out extra-artistico di Dada,
dell'azionismo viennese e della body art. Il più intelligente esponente neoista
è tENTATIVELY a cONVENIENCE, musicista, performer, scrittore e campione di
nuoto, il quale porta sul cranio un tatuaggio in 3D, dettagliata
rappresentazione di un cervello umano. In questa fase "eroica", tutti i neoisti
si firmano col nome multiplo "Monty Cantsin". Nel corso degli anni Ottanta,
soprattutto per iniziativa dello scrittore inglese Stewart Home, il "neoismo"
subisce diverse mutazioni, imbevendosi di teoria situazionista (riletta - e
forse volutamente fraintesa - attraverso le lenti della nuova cultura
"plagiarista": opposizione al copyright, uso sovversivo di forbici,
registratori, computer, fotocopiatrici e più tardi campionatori). È di questi
anni la diffusione della rivista multipla SMILE: chiunque può produrre una
rivista con quella testata. Un altro multiple name, come del resto "Karen
Eliot", pseudonimo che gradualmente si affianca a Monty Cantsin (e finisce per
rimpiazzarlo del tutto), firmando testi e grafica su SMILE e organizzando due
"Festival del Plagiarismo" (Glasgow 1988 e Londra 1989). Nel periodo in esame,
Stewart Home ha già abbandonato il neoismo, dichiarando che "abbandonare il
neoismo significa realizzarlo". Nel 1990-93 Home aderisce a un triennale
"sciopero dell'arte" da egli stesso promosso e organizzato ispirandosi a una
vecchia idea di Gustav Metzger.
Art Strike.
Invitiamo tutti i lavoratori della cultura a posare i loro strumenti e
smettere di creare, distribuire, vendere, mostrare o discutere le loro opere
dall'1 gennaio 1990 all'1 gennaio 1993. Invitiamo tutte le gallerie d'arte, i
musei, le agenzie, gli spazi "alternativi'" i periodici, i teatri, le scuole
d'arte etc. a sospendere le loro attività durante lo stesso periodo. Il
concetto di arte È definito da un élite che si autoriproduce, ed è venduta come
merce a livello internazionale. Le opere di quei lavoratori della cultura che si
oppongono al modello di società dominante vengono relegate ai margini oppure
cooptate dall'establishment dell'arte borghese. La classe al potere usa
l'arte come attività "trascendentale" nello stesso modo in cui un tempo usava la
religione per giustificare l'arbitrarietà dei suoi enormi privilegi. L'arte crea
l'illusione che, grazie ad attività disinteressate, questa civiltà sia in
contatto con "livelli più elevati di sensisbilità", i quali compensano e
redimono gli altri suoi aspetti. Quanti accettano questa logica fanno il gioco
della borghesia anche se sono esclusi da quella classe dal punto di vista del
reddito. L'idea che "tutto è arte" è il momento supremo di questa
mistificazione, poiché significa soltanto che certi membri della classe
dominante si sentono particolarmente liberi di rappresentarsi l'un l'altro la
comune egemonia sul proletariato. Chiamare una persona "artista" significa
negare alle altre lo stesso dono della visione; il mito del "genio" diviene
dunque una legittimazione ideologica della diseguaglianza, della repressione e
della fame. Quella che un artista ritiene essere la propria identità è solo un
insieme di attitudini inculcate, di preconcetti che imprigionano l'umanità nella
Storia. I ruoli che derivano da quest'identità, tanto quanto i prodotti
artistici destinati alla reificazione, vanno respinti. A differenza dell'Art
Strike 1977-1980 proposto da Gustav Metzger, il nostro non intende distruggere
quelle istituzioni che hanno un percepibile effetto negativo sulla produzione
artistica. Il nostro proposito È invece quello di mettere in discussione il
ruolo stesso dell'artista e il suo legame con le dinamiche del potere nella
società capitalistica", da: The Art Strike Papers/Neoist Manifestos, edited by
S.Home, AK Press, Edinburgh 1991.
Quando riemerge da questo periodo di inattività pubblica, Home si afferma
come romanziere (purtroppo mai tradotto in Italia), aderisce al Luther Blissett
Project e fonda un gruppo para-esoterico, la Neoist Alliance - che, a suo dire,
"non ha nulla a che vedere col neoismo; semplicemente, mi piace usare lo stesso
nome per cose del tutto diverse". Nel frattempo, a partire dalla fine degli anni
Ottanta, i neoisti avviano una paradossale "auto-storicizzazione", ovvero una
deriva ermeneutica che porta ciascun esponente a re-interpretare il percorso
comune come più gli pare e piace. L'autostoricizzazione neoista diviene presto
un labirinto impercorribile, una beffa (a titolo di esempio, si visiti il sito
<http://www.neoism.org/>). Da qui il difficile approccio a quest'arte la
cui unica opera è stata l'incessante monologo su sé stessa.
(R.B.)
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