LA GRANDE SFIDA ALL'HACKING by Martin Lutero [OndaQuadra]
La nuova legge sull'editoria rappresenta un ulteriore buon motivo per
la comunità hacker italiana di prendere consapevolezza del proprio
ruolo storico oggi. E' un altro pezzo di normativa liberticida pensato
dalle corporazioni nate nel corso del Fascismo e maturate nel
dopoguerra, come l'Ordine dei giornalisti. Una legge che va ad
impattare sulle attività che sulla rete svolge qualsiasi italiano (e
non solo). Ma soprattutto è un ulteriore mattone che inspessisce il
muro di ostilità con cui la classe dirigente di questo paese si isola
dalla realtà del mondo elettronico e dall'afflato *liberatorio* di
internet.
Il tentato suicidio della normativa sui domini, evitato per un soffio
dallo scioglimento delle Camere, la lunga operazione lobbystica anti-
provider, che ha rinsaldato i grandi a spese dei piccoli,
l'approvazione pressoché unanime della legge sull'editoria: sono tutte
componenti di un unico atteggiamento che oscilla tra ignoranza e
supponenza. Con in più la beffa che la classe politica si autopremia e
si autoassolve con tanto maggiore volgarità quanto più plateale è
l'errore commesso.
Tutto questo impone al mondo dell'hacking l'assunzione di nuove e
maggiori responsabilità che vanno ben al di là dei confini entro i
quali qualcuno ha voluto troppo spesso delimitare l'hacking stesso.
La strada alla libertà digitale, elemento centrale dell'essere hacker,
non costituisce soltanto l'obiettivo di un "personale" e di
un "sociale" migliore ma anche l'unica via percorribile per far sì che
la rivoluzione internet giunga a compimento nelle sue conseguenze
macroscopiche.
La circolazione delle informazioni e delle opinioni veloce, libera, con
schemi random e imprendibili, soprattutto incontrollabile, è una
vittoria che dev'essere ancora conquistata. Chi la chiama Utopia non ha
compreso quali sono le conseguenze di una umanità che possa incontrarsi
liberamente nel ciberspazio.
Oggi la rete non è assediata solo dall'ignoranza di un Legislatore
cieco ma anche da Forze dell'Ordine sempre più specializzate nel
contrastare il crimine online e sempre meno critiche nei confronti
degli abusi che contro la rete si commettono. Abusi ben più gravi,
perché compromettono il libero sviluppo della società elettronica. E
danneggiano, dunque, tutti.
La Controriforma reazionaria trae dall'ignoranza fiumi di linfa vitale
e il suo cammino è già iniziato. E non ci si sarebbe potuto aspettare
alcunché di diverso. Da migliaia di anni la società umana si evolve
nella varietà delle sue composizioni e tradizioni seguendo un unico
leit-motiv, quello del controllo della cultura e dell'informazione come
fonte di potere. Sono i pochi a decidere per tutti e le applicazioni di
Democrazia che fin qui abbiamo visto non hanno fatto altro che
complicare le cose, consentendo allo stesso tempo, però, un controllo
senza precedenti persino sulla formazione delle opinioni
dell'individuo, cioè sulle fondamenta della propria personalità.
Praticamente uno stupro.
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Nelle sue potenzialità internet può bucare gli opprimenti bastioni
della Controriforma e creare una orizzontalità democratica del tutto
inedita sul pianeta. Ma oggi, e dobbiamo esserne consapevoli senza
incertezze, la via è già stata sbarrata.
E lo dico perché è facile constatarlo e perché si può partire solo se
se ne è coonsapevoli. Chiunque non sia un bravo hacker non ha
possibilità di rendersi davvero anonimo quando si trova in rete, non ha
una vera possibilità di sfuggire a schedature elettroniche connaturate
agli attuali protocolli di comunicazione online. Schedature che
diventano strumento fertile di caccia e repressione per la
Controriforma. L'uso sempre crescente di moneta elettronica, documenti
elettronici e via dicendo sta creando le condizioni per dare alla
Controriforma strumenti così potenti da sopprimere sul lungo termine il
suo nemico per eccellenza persino su internet: la libera circolazione
delle informazioni.
Oggi "professare liberamente la propria opinione è scavare la propria
fossa", parafrasando Sinead O'Connor. Perché ci sono opinioni tollerate
in rete o fuori ma ce ne sono altre, molte altre, che se espresse ti
mettono invariabilmente nei guai. E molti di noi hanno già sperimentato
sulla propria pelle cosa significa dimostrare pubblicamente la propria
indipendenza di pensiero e rivendicarla con la forza della propria
vitalità.
Per questo oggi gli hacker assumono un ruolo centrale. L'hacker che fa
della tecnologia il proprio pane ha il dovere, se intende continuare a
definirsi tale, di prendere il toro per le corna e stimolare, con il
proprio lavoro, la riuscita di progetti la cui portata è epocale, come
Freenet. Il lavoro dell'hacker della tecnologia oggi è costruire
l'infrastruttura che renderà gli uomini liberi. E' un'opportunità per
assumersi responsabilità storiche che non possono più essere eluse,
pena il fallimento dell'hacking e del suo più intimo significato: la
libertà di crescere, vivere e pensare in indipendenza.
Ma devono darsi da fare anche gli altri hacker, quelli che hackano il
sistema del potere e quello dell'informazione con lo scritto e con gli
altri mezzi, con la cultura dell'idea e del senso critico. Loro hanno
il compito di nutrire l'incedere della Riforma.
Un compito arduo, perché non si può limitare a difendere l'idea ma deve
anche prendere il centro del campo spazzando via chi lo ha occupato
abusivamente a danno di tutti noi.
Lottare oggi contro la legge sull'editoria fa parte di tutto questo e
significa dare manforte a chi investiga la comunicazione e la rete per
trasformarla in un terreno di libertà vera, perché fondata sulla
responsabilità dell'individuo e non sul controllo delle sue idee.
Un tempo Martin Lutero scrisse le proprie opinioni la cui indipendenza
era tale da aver scosso le fondamenta del Potere del suo tempo. Noi
oggi partiamo in condizioni migliori, perché Martin è già esistito e
perché abbiamo una tecnologia, Internet, che ha trasformato un'Utopia
in una speranza.
Buona fortuna a tutti.
Martin Lutero
martinlutero@deandreis.it
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